Regime di tassazione dei fondi immobiliari residenti e non residenti

Regime di tassazione dei fondi immobiliari residenti e non residenti

Redatto in data 8 Maggio 2023 da Federico Andreoli
Pubblicato in QuotidianoPIÙ di Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

Regime di tassazione dei fondi immobiliari residenti e non residenti

Secondo la Corte UE l’art. 63 del TFUE sulla libera circolazione dei capitali vieta una discriminazione di trattamento nel regime di tassazione basata solo sulla residenza scale in un altro Stato membro della UE. La sentenza avrà certamente ripercussioni sul “mercato” dei fondi immobiliari e non.

Il principio espresso dalla Corte UE

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza del 27 aprile 2023 nella causa C-537/20 ha stabilito che “L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che assoggetta parzialmente i fondi di investimento immobiliare specializzati non residenti all’imposta sulle società, per i redditi immobiliari che essi percepiscono nel territorio di tale Stato membro, mentre i fondi di investimento immobiliare specializzati residenti sono esenti da tale imposta”.

La sentenza dimostra che la strada per la armonizzazione  scale all’interno della UE e per la non discriminazione tra contribuenti dei diversi  Stati UE sia ancora lunga e piena di ostacoli.

La Germania,  infatti, nel corso del procedimento dinnanzi alla Corte Ue ha fortemente difeso la legislazione domestica (giudicata poi in violazione dell’art. 63 TFUE) invocando, anche, l’esistenza di “un motivo imperativo di interesse generale”, consistente sia nella “necessità di preservare la coerenza del sistema   scale nazionale” (punti da 68 a 75 della sentenza), sia nella “necessità di preservare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri” (punti da 76 a 78).

Al riguardo, è interessante notare che:

è stata la corte di Cassazione tedesca a rinviare  la causa alla Corte UE, per accertare se la normativa tedesca fosse compatibile con il diritto dell’Unione (in particolare con l’art. 56 CE divenuto art. 63 TFUE), dopo che il Tribunale tributario di Münster aveva confermato la posizione del fisco tedesco; e che tuttavia la stessa corte di Cassazione, proponendo il rinvio, ha affermato che a suo avviso la normativa domestica “potrebbe essere compatibile con l’articolo 63 TFUE” (punto 23 della sentenza).

Il caso sottoposto al giudizio della Corte UE

Nel caso esaminato dalla Corte Ue, un fondo di investimento immobiliare di diritto lussemburghese aveva percepito nel 2013 redditi da locazione e da vendite di beni immobili situati in Germania.

In base alla normativa tedesca tali redditi erano soggetti a tassazione in Germania,  mentre se i medesimi redditi fossero stati percepiti da un fondo di investimento immobiliare di diritto tedesco, sarebbero stati totalmente esclusi da tassazione.

Tuttavia, il regime tedesco necessita di alcuni chiarimenti:

l’esenzione dall’imposta sulle società valevole per i fondi immobiliari residenti in Germania costituisce l’attuazione del principio di trasparenza, in forza del quale i redditi sono tassati una sola volta a livello degli investitori (che, infatti, pagano imposte sui proventi dei fondi);

nel caso di fondi di investimento immobiliare di diritto tedesco costituiti esclusivamente da investitori non residenti, i redditi immobiliari percepiti dal fondo sono attribuiti per trasparenza direttamente agli investitori non residenti, tuttavia, in questo caso il fondo ha l’obbligo di effettuare una ritenuta alla fonte sui proventi distribuiti;

la corte di Cassazione  tedesca aveva quindi sottolineato alla Corte UE che (stante il regime di trasparenza dei fondi tedeschi) la ritenuta alla fonte è stata prevista dal legislatore tedesco per impedire che gli investitori non residenti, che sarebbero stati tassati se avessero investito direttamente in beni immobili tedeschi, evitino la tassazione procedendo all’investimento tramite un fondo di investimento immobiliare tedesco. In altri termini, gli investitori non residenti che partecipano al fondo tedesco sono tassati come se essi avessero effettuato investimenti diretti in immobili in Germania (punti 24-25-26).

Al contrario i fondi di investimento immobiliare non residenti sono soggetti essi stessi ad imposta sui redditi, ma i loro investitori (non residenti) non sono assoggettati ad imposizione in Germania.

In conclusione la corte di Cassazione  tedesca aveva sottolineato che in entrambe le situazioni (partecipazione a fondi residenti o a fondi non residenti) gli investitori non residenti in Germania sono assoggettati a imposta una sola volta per i redditi percepiti in Germania, anche se a livelli diversi  (in un caso a livello del fondo, nell’altro caso con la ritenuta alla fonte in capo agli investitori stessi) (punti da 27 a 30).

Per questi ed altri motivi la Germania aveva affermato alla Corte Ue:

che non vi fosse alcuna violazione della libertà di circolazione dei capitali ex art. 63 TFUE; ovvero che tale violazione fosse giustificata e proporzionata in quanto non eccede quanto necessario per garantire la coerenza del regime  scale tedesco in materia di investimenti (punti da 31 a 37).

La Corte UE ha, invece,  espresso un parere assai diverso ed ha affermato che:

si deve prendere atto che la normativa tedesca prevede che i fondi di investimento immobiliare residenti sono esenti dall’imposta sulle società, mentre i fondi di investimento immobiliare non residenti non bene   ciano di tale esenzione e quindi sono soggetti ad un trattamento diverso e sfavorevole (punti 47-48);

tale differenza di trattamento  scale è idonea,  da un lato, a dissuadere i fondi non residenti dall’effettuare investimenti in

immobili situati in Germania e, dall’altro, a dissuadere gli investitori residenti in Germania dall’avvalersi di fondi di investimento non residenti per tali investimenti (punti da 49 a 51); conseguentemente si deve affermare che tale normativa costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali

vietata, in linea di principio, dall’articolo 63 TFUE (punto53).

Inoltre con altre approfondite argomentazioni la Corte Ue nega che sussista un “motivo imperativo di interesse generale” che giusti chi tale diversità di trattamento. Da qui la necessaria conclusione che la normativa tedesca viola l’art. 63 TFUE.

Il rapporto con gli Stati terzi

La sentenza in esame  si esprime espressamente solo sull’applicazione dell’art. 63 TFUE nel rapporto tra contribuenti di Stati membri differenti. Tuttavia, è noto che il principio della libera circolazione dei capitali può essere invocato anche da contribuenti residenti in Stati terzi poiché l’art. 63 TFUE vieta “tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi”, come ricordato in più occasioni anche recentemente dalla nostra Corte di Cassazione  (si vedano le numerose sentenze della scorsa estate, ad es. la n. 21454 del 6/7/2022). E’, quindi,  prevedibile che la sentenza sulla causa C-537/20 possa avere ripercussioni sull’industria dei fondi di investimento mobiliari e immobiliari non solo all’interno della UE/SEE.

Aspetti italiani

Relativamente all’Italia deve in primo luogo essere ricordato che la Commissione UE aveva approntato una procedura nei confronti dell’Italia (EU PILOT 8105/15/TAXU) relativa alla disparità di trattamento tra gli OICR domestici e quelli di diritto estero. Tale procedura non era stata formalizzata perché, per sanare (parzialmente) tale situazione, è intervenuta la Legge di Bilancio 2021 (art. 1 c. 631-633, L.178/2020) che di fatto ha esteso il regime di esenzione applicabile agli OICR domestici, ai dividendi e plusvalenze su partecipazioni qualificate conseguiti da OICR esteri.

Tuttavia, tale equiparazione non è totale, bensì è limitata:

solamente ai dividendi e alle sopra citate plusvalenze (non alla generalità dei redditi); e solamente ai fondi esteri istituiti in Stati UE o SEE conformi alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del13 luglio 2009 e a quelli non conformi alla medesima direttiva ma il cui gestore è soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE del Parlamento e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, istituiti in Stati membri UE o SEE che consentono un adeguato scambio di informazioni (Risp. interpello n. 327 del 11 maggio 2021).

In altri termini, ad oggi, il regime applicabile a fondi domestici ed esteri non è totalmente equiparato e in ogni caso tale parziale equiparazione va a bene ciò di alcune tipologie di fondi. Al contrario la sentenza nella causa C-537/20 sembra avere una portata più ampia.

Fonte: CGUE 27 aprile 2023 (C-537/20)