Manovra 2024: regime PEX sulle plusvalenze per le società europee

Manovra 2024: regime PEX sulle plusvalenze per le società europee

Redatto in data 13 Novembre 2023 da Federico Andreoli
Pubblicato in QuotidianoPIÙ di Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

Manovra 2024: regime PEX sulle plusvalenze per le società europee

L’art. 16 del DDL di Bilancio 2024 introduce il regime della partecipation exemption sulle plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate a favore delle società residenti in Stati UE e SEE prive di stabile organizzazione in Italia, in linea con quanto affermato dalla Cassazione  con le sentenze n. 21261 e 27267 del 2023.

Regime attuale

Le plusvalenze realizzate dai soggetti non residenti (siano essi società, enti o persone fisiche) con la cessione di partecipazioni
in società residenti in Italia sono soggette ad un regime molto frastagliato.

L’art. 23 c. 1 lett. f ) TUIR detta il principio generale per cui dette plusvalenze sono imponibili in Italia.

Tuttavia, per le sole plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate (art. 67 c. 1. lett. c-bis TUIR), si applicano varie eccezioni oggettive e soggettive, ed eccezioni alle stesse eccezioni.

In primo luogo, in forza del n.1. dell’art. 23 c. 1 lett. f ) TUIR, sono (oggettivamente) escluse da tassazione le plusvalenze realizzate con la cessione di partecipazioni non qualificate in società negoziate in mercati regolamentati.

In secondo luogo, l’art. 5 c. 5 D.Lgs. 461/97, dispone che i soggetti residenti all’estero di cui all’art. 6 c. 1 D.Lgs. 239/96 (investitori istituzionali White List) non sono soggetti ad imposta in Italia per le plusvalenze da partecipazioni non quali cate.

In terzo luogo, il c. 5-bis del medesimo art. 5 D.Lgs. 461/97 pone una eccezione al predetto c. 5 (riportando l’imponibilità in Italia) con riferimento alle cessioni di partecipazioni non qualificate in società residenti in Italia il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni  che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia.

In estrema sintesi, l’art. 16 DDL di Bilancio 2024, lascia invariata la disciplina delle plusvalenze da cessioni da partecipazioni non qualificate, mentre interviene per disciplinare il regime di tassazione applicabile ad alcune (limitate) ipotesi di plusvalenze e minusvalenze da partecipazioni qualificate. La norma,  di fatto, consente l’applicabilità del regime PEX (art. 87 TUIR) a quei soggetti UE e SEE che ne avrebbero diritto se fossero residenti in Italia.

Ne emerge un quadro complesso per cui il medesimo soggetto, dovrà confrontarsi con discipline diverse a seconda che ceda una partecipazione qualificata ovvero una non qualificata.

Si ricorda che in base al nuovo art. 23 c. 1-bis TUIR (introdotto dall’art. 1 c. 96 L. 197/2022) sono imponibili in Italia anche di plusvalenze realizzate con la cessione di società non residenti il cui valore, per più della metà, deriva, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia. La modi ca in esame  potrebbe incidere anche su tali fattispecie.

La Cassazione e la violazione dei Principi UE

L’intervento del Legislatore, sembra aver voluto evitare la violazione dei principi comunitari della libertà di stabilimento delle persone (art. 49 TFUE) e della libera circolazione dei capitali (art. 63 TFUE) che era stata affermata dalla Cassazione  con le sentenze n. 27267 del 25 settembre 2023 e n. 21261 del 19 luglio 2023, che hanno sancito l’esistenza di una illegittima discriminazione nel regime domestico.

In particolare, la Cassazione  ha affermato che il regime PEX della esenzione del 95% delle plusvalenze (ex art. 87 TUIR) è sovrapponibile al caso esaminato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 19.11.2008 nella causa C-540/07 che aveva sancito la contrarietà ai principi UE del regime italiano che all’epoca prevedeva una imposizione “piena” sui dividendi pagati a società residenti nella UE. Infatti, la causa C-540/07 prendeva le mosse  dalla procedura di infrazione della Commissione contro l’Italia n. C(2006) 2544 del 28.6.2006. All’epoca il Legislatore è intervenuto (con l’art. 1 c. 67 L. 244/2007) introducendo il c. 3-ter all’art. 27 DPR 600/73, per prevedere l’applicazione della ritenuta in misura ridotta al 1,2% per i dividendi pagati a favore di soggetti UE e SEE. In molte parti tale norma del 2007 è simile a quella in esame  e quindi costituisce una base di interpretazione della norma in esame.

Ciò spiega, la complessa articolazione del testo dell’art. 16 in commento. Esso non vuole avere una portata generale ma intende escludere solamente la diretta violazione dei principi comunitari per quei soggetti che avrebbero beneficiato della PEX se fossero stati residenti in Italia.

Principi generali per le società non residenti

Ciò premesso riprendiamo l’esame dei principi generali. Ai sensi dell’art. 151 c. 3 TUIR le società e gli enti commerciali non residenti, senza stabile organizzazione in Italia, determinano il reddito imponibile secondo le disposizioni del Titolo I del TUIR, cioè in base alle categorie di reddito di cui all’art. 6 TUIR.

Tali soggetti non possono quindi beneficiare del regime PEX sulle plusvalenze disposto dall’art. 87 TUIR (che è incluso nel Titolo II del TUIR che disciplina l’IRES). Invece, il regime PEX è applicabile alle società ed enti non residenti che hanno una stabile organizzazione in Italia in base all’art. 152 TUIR.

In assenza di stabile organizzazione le plusvalenze costituiscono “redditi diversi” in base all’art. 67 TUIR e sono determinate/quantificate ai sensi delle art. 68 TUIR.

Ciò spiega perché il DDL Bilancio 2024 interviene per modi care l’art. 68 TUIR introducendo un nuovo c. 2-bis (e modificando per coerenza di richiami anche il c. 5).

In altri termini, il DDL Bilancio 2024:

si rivolge solo agli enti commerciali non residenti privi di stabile organizzazione in Italia;

lascia immutata la generale imponibilità (IRES al 24%) delle plusvalenze come redditi diversi  ex art. 67 TUIR in combinato con l’art. 151 TUIR;

lascia immutata la disciplina delle cessioni da partecipazioni non qualificate (già esaminata in precedenza);

non detta una disciplina generale per tutte le plus da partecipazioni qualificate, ma prevede imponibilità limitata al 5% solamente per alcune specifiche situazioni. Convenzioni contro le doppie imposizioni e MLI Bisogna  però ricordare che in ambito UE o SEE: l’imponibilità in Italia delle plusvalenze è attualmente esclusa da tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia ad eccezione di quella con la Francia (e solo per alcun i casi). Ciò con la conseguenza che, ad oggi, le modi che introdotte dal DDL Bilancio 2024 (che rivolgono solo a UE e SEE) hanno un limitato impatto pratico;

le stesse modifiche saranno ben più rilevanti (anche in ragione del nuovo testo dell’art. 23 c.1-bis TUIR) a seguito della entrata in vigore della c.d. Convenzione Multilaterale o MLI (cioè la Multilateral Convention to Implement Tax Treaty Related Measures to Prevent Base Erosion and Pro  t Shifting). Infatti, l’art. 9 della MLI concede allo Stato della fonte (nel caso all’Italia) il diritto di tassare le plusvalenze realizzate dai non residenti con la cessione di società aventi all’attivo prevalentemente immobili in Italia, rispecchiando la modi  ca apportata in sede OCSE all’art. 13 par 4 del Modello di Convenzione OCSE.

Fatte queste premesse è più facile esaminare il testo delle modifiche introdotte.

Il testo delle modifiche

Come già indicato l’art. 16 DDL Bilancio 2024 introduce il c. 2-bis all’art. 68 TUIR al solo  ne di disciplinare il regime di imponibilità delle plusvalenze e minusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni quali cate ex art. 67 c. 1 lett. c) TUIR.

La norma prevede che:

dette plusvalenze siano imponibili solo per il 5% del loro ammontare (il regime è analogo all’art. 87 TUIR anche se questo prevede l’esenzione del 95% e non la imponibilità del 5%);

le plusvalenze siano sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze;

se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze, l’eccedenza è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 5%

dell’ammontare delle plusvalenze, dei periodi successivi, ma non oltre il quarto;

tale riporto in avanti delle minus è condizionato alla indicazione della minus nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.

In linea con la tassazione separata dei redditi ex art. 6 TUIR, il Legislatore prevede quindi un sistema chiuso  per cui plus e minus si compensano solo vicendevolmente e solo nei limiti del 5%.

La norma sottopone il regime della imponibilità al 5% a numerose condizioni oggettive e soggettive.

Condizioni oggettive:

il regime si applica solo alle plusvalenze di cui alla lett c) del c. 1, dell’art. 67 TUIR (cioè alle partecipazioni qualificate);

le partecipazioni qualificate debbono avere i c.d. requisiti PEX previsti dalle lettere a), b), c) e d) dell’art. 87 c. 1 TUIR, cioè rispettivamente: holding period, iscrizione come immobilizzazioni, residenza o domicilio della società ceduta e svolgimento dell’attività commerciale. Viene quindi fatto un richiamo espresso alla disciplina PEX. Il richiamo alla residenza della società ceduta sembra un po’ ridondante visto che ci si riferisce alla cessione di società residenti in Italia (altrimenti non troverebbe applicazione l’art. 23 TUIR);

il regime non si applica alle plusvalenze realizzate con la cessione di partecipazioni in società semplici e dei vari strumenti

indicati nell’art. 68 c. 4 TUIR. L’esclusione delle società semplici sembra un chiarimento ad abundantiam, visto che queste non possono svolgere attività commerciale e che il regime PEX è applicabile solo a società che svolgono attività commerciale.

Condizioni soggettive

Il regime della imponibilità al 5% è sottoposto a numerose condizioni soggettive cioè riferentesi al soggetto che realizza la plusvalenza:

la cessione che realizza la plus o la minus deve essere effettuata da società ed enti commerciali di cui all’articolo 73, c 1, lett. d), privi di stabile organizzazione in Italia;

il cedente deve essere residente in uno Stato appartenente alla UE o SEE che consente un adeguato scambio di informazioni (testo sostanzialmente analogo a quello previsto dall’art. 27 c. 3 DPR 600/73);

il cedente deve essere soggetto ad una imposta sul reddito delle società (testo sostanzialmente analogo a quello previsto dall’art. 27 c. 3.ter DPR 600/73).

Pertanto, i soggetti non residenti che realizzano plusvalenze da partecipazioni qualificate che non soddisfano i predetti stringenti requisiti oggettivi e soggettivi (e che non bene   ciano di una convenzione) sono soggetti all’imposta sostitutiva nella misura del 26% sulle plusvalenze rateizzate.

Stati Terzi

Si è indicato in precedenza che l’Intervento del Legislatore può essere letto come una presa d’atto delle recenti sentenze della Cassazione  (Cass. n. 27267 del 25 settembre 2023 e Cass. n. 21261 del 19 luglio 2023) che hanno affermato, tra l’altro, la violazione del principio UE della libera circolazione dei capitali previsto dall’art. 63 TFUE. Tale principio, però, può essere invocato anche da soggetti residenti in Stati terzi, poiché esso vieta “tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi”. Invece, il testo del c-2-bis in esame  è richiarissimo nel limitare i benefici PEX ai soli residenti di Stati UE e SEE, ponendo anche altri requisiti soggettivi (scambio di informazioni e assoggettamento ad imposta).

Probabilmente il restrittivo testo introdotto dal legislatore non precluderà del tutto la possibilità per i contribuenti residenti in Stati terzi di invocare i bene   ci PEX sulla base dell’art. 69 TFUE (anche se, ad oggi tali benefici sono per lo più superflui, in base alla maggioranza delle convenzioni sottoscritte dall’Italia).

Entrata in vigore della norma e rimborsi

La norma in esame  non ha certamente efficacia retroattiva, quindi non costituisce base per presentare istanze di rimborso. Tuttavia, le richiamate sentenze della Cassazione, che hanno affermato che le norme attuali violano i principi comunitari, potrebbero costituire un elemento su cui fondare una istanza di rimborso, seppur nei limiti temporali (48 mesi) previsti dall’art. 38 DPR 602/73. Ciò, per quei soggetti (quanto meno UE e SEE e in particolare per residenti in Francia) che avrebbero soddisfatto le condizioni per l’applicazione della PEX ex art. 87 TUIR se fossero stati residenti in Italia.