Finanziamenti indiretti: non si qualificano per l’esenzione da ritenute sugli interessi

Finanziamenti indiretti: non si qualificano per l’esenzione da ritenute sugli interessi

 Notizia pubblicata su MEMENTOPIU’ del 03 Settembre 2021 da Federico Andreoli

Finanziamenti indiretti: non si qualificano per l’esenzione da ritenute sugli interessi

La tassazione in Italia degli interessi pagati su finanziamenti concessi dall’estero

La Risp. AE 30 agosto 2021 n. 569 costituisce il quarto intervento della AE sul medesimo argomento nell’arco di soli due anni: (i) Ris. AE 12 agosto 2019 n. 76/E (direct lending da fondo d’investimento UK); (ii) Risp. AE 24 ottobre 2019 n. 423 (direct lending da banca UK che agisce in pool con altre banche UE e con contratto di sub-participation stipulato con un veicolo di cartolarizzazione irlandese); e (iii) Risp. AE 24 febbraio 2021 n. 125 (direct lending da fondo UK). Tutti gli interventi sono totalmente omogenei tra loro e con la risposta in commento.

In precedenza, l’AE si era espressa: in senso favorevole all’applicazione dell’esenzione già con la Ris. AE 24 settembre 2016 n. 84/E (direct lending da banca austriaca); e in senso restrittivo con la Circ. AE 30 marzo 2016 n. 6/E (che però aveva a oggetto principale le operazioni di LBO/MLBO e le strutture IBLOR). In giurisprudenza si veda CTP Milano 11 novembre 2019 n. 4708/18/2019 (favorevole al contribuente, ma su una situazione resa confusa proprio dalle argomentazioni della stessa AE).

Come è noto gli interessi pagati da una impresa italiana su finanziamenti concessi da soggetti non residenti scontano una tassazione in Italia nella forma della ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26% (art. 26 c. 5 DPR 600/73). In termini generali tale ritenuta può essere esclusa solo per alcuni finanziamenti infragruppo ex art. 26-quater DPR 600/73 (Direttiva Interessi e Royalties), o può essere ridotta o esclusa dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. La conseguenza è che, quando è applicabile, la ritenuta si trasforma in un onere aggiuntivo che il soggetto finanziatore estero trasla sempre sul prenditore italiano: vuoi direttamente attraverso un aumento del tasso di interesse praticato, vuoi indirettamente, attraverso disposizioni contrattuali (clausole di gross-up) aventi lo scopo di aumentare il tasso di interesse originariamente pattuito tra le parti, al fine di assicurare che il finanziatore estero riceva l’interesse netto concordato.

L’esenzione da ritenuta prevista dall’art. 26 c. 5-bis DPR 600/73

Dopo anni di credit crunch (la difficoltà per le imprese italiane di ottenere credito sul mercato bancario e finanziario domestico), nel 2014 il cd. Decreto Competitività (art. 22 DL 91/2014) ha previsto un regime di esenzione introducendo il c. 5-bis nell’art. 26 DPR 600/73.

In merito alla ratiodella norma, la Risposta in commento indica la norma ha “l’obiettivo di favorire l’accesso al credito da parte degli operatori” residenti. Ancor più efficacemente con la Ris. AE 24 settembre 2016 n. 84/E, l’Agenzia ha riconosciuto che: “il legislatore ha inteso eliminare il rischio di doppia imposizione giuridica degli interessi, che economicamente risulta traslato sul debitore attraverso apposite clausole contrattuali, favorendo in ultima analisi l’accesso alle imprese italiane anche a fonti di finanziamento estere a costi competitivi”. Infatti, la norma prevede l’esenzione da qualsivoglia ritenuta e imposizione in Italia.

La norma (modificata anche nel 2016) così dispone: “Ferme restando le disposizioni in tema di riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico… la ritenuta di cui al c. 5 non si applica agli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese erogati da enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea, enti individuati all’art. 2 par. 5 n. da 4) a 23) Dir. 2013/36/UE, imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea o investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’art. 6 c. 1 lett. b) D.Lgs. 239/96, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti”.

Le condizioni per l’applicazione dell’esenzione

Dalla lettura della norma appare evidente che l’esenzione si applica solo se sono soddisfatte varie condizioni di tipo regolamentare, oggettivo e soggettivo.

In estrema sintesi, il requisito regolamentare è che il finanziatore estero deve rispettare la riserva di legge dell’attività creditizia prevista dal TUB (ad es. attività non prestata nei confronti del pubblico). Il requisito oggettivo è che gli interessi e altri proventi debbano essere corrisposti per finanziamenti a “medio lungo termine”. La risposta in commento chiarisce che in analogia a quanto previsto dall’art. 15 DPR 601/73 (che prevede la cd. imposta sostitutiva sui finanziamenti), la durata contrattuale del finanziamento deve essere superiore a 18 mesi (i famosi 18 mesi e 1 giorno).

In merito al requisito soggettivo lato prenditore italiano, si riprende quanto già espresso nelle sopra citate risoluzioni e interpelli. L’AE specifica che il finanziamento deve essere concesso a favore di una “impresaresidente, cioè a soggetti che esercitano nel territorio dello Stato una attività d’impresa: società ed enti commerciali e imprenditori individuali, residenti in Italia, nonché stabili organizzazioni in Italia di società ed enti non residenti, come individuati dall’art. 73 c. 1 lett. a) e b) TUIR. Pertanto, l’AE chiarisce che gli enti non commerciali, compresi gli OICR e gli altri soggetti non esercenti attività di impresa di cui alla lettera c) del citato c. 1 dell’art. 73 TUIR devono continuare ad applicare la ritenuta di cui all’art. 26 c. 5 DPR 600/73.

Interessante notare che con la Ris. AE 12 agosto 2019 n. 76/E, l’AE ha affermato che costituisce “impresa” che beneficia della esenzione anche una società residente che svolge attività di holding.

Per quanto riguarda il requisito soggettivo lato finanziatore estero, l’AE conferma quanto espresso in numerose occasioni precedenti, cioè la norma si applica oltre che agli enti creditizi e imprese di assicurazioni UE, anche agli “investitori istituzionali esteri”, cioè i soggetti di cui all’art. 6 c. 1 lett. b) D.Lgs 239/96, costituiti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, cioè i Paesi White List di cui al DM 4 settembre 1996 e successivi aggiornamenti. Tali enti devono poi essere soggetti a forme di vigilanza nello Stato di istituzione. Al riguardo viene fatto riferimento alle circolari AE del 1° marzo 2002, n. 23/E e 2/E del 15 febbraio 2012 e 19/E del 4 giugno 2013. Su tali aspetti la risposta in commento non presenta punti controversi.

Tuttavia, il requisito soggettivo su cui si concentra la risposta 569/2021 è un altro. L’esenzione si applica nei casi di “direct lending” (cioè ove il percettore degli interessi è direttamente l’investitore istituzionale estero che finanzia la società italiana), oppure, attraverso l’approccio look through, si applica anche al finanziatore indiretto che è “beneficiario effettivo” (beneficial owner) degli interessi?

Le richieste del contribuente presentate con l’interpello

Per quanto qui interessa, la struttura societaria presentata dal contribuente è in sintesi: un fondo d’investimento lussemburghese (il Fondo) controlla una sub-holding lussemburghese (la Sub-holding), che a sua volta controlla la società italiana che realizza e gestisce impianti fotovoltaici (la SRL). Il primo finanziamento (Loan 1) a medio lungo è concesso dal Fondo alla Sub-holding (quindi Lussemburgo su Lussemburgo); con le risorse del Loan 1, la Sub-holding ha concesso un finanziamento a medio lungo termine alla SRL (Loan 2). I termini e le condizioni del Loan 1 e del Loan 2 non sono speculari.

Nessun dubbio che il Fondo soddisfi il requisito soggettivo essendo investitore istituzionale soggetto a vigilanza in Lussemburgo. Tuttavia, il Fondo non ha fatto un direct lending alla SRL italiana, poiché la SRL paga interessi alla Sub-holding sulla base del Loan 2.

Si ricorda al riguardo che la formulazione letterale della norma, così come interpretata dalle precedenti e citate statuizioni dell’AE stabiliscono che i requisiti soggettivi debbono essere soddisfatti direttamente tra finanziatore estero e prenditore italiano che paga gli interessi.

La criticità del caso di specie stava pertanto nella sussistenza del requisito soggettivo lato finanziatore non residente. Il contribuente chiede quindi all’AE: (1) se la sub-holding possa qualificarsi come “investitore istituzionale”; o (2) se il Fondo (che è certamente investitore istituzionale) possa beneficiare della esenzione attraverso un approccio loock throgh essendo il Fondo (a detta del contribuente) il beneficiario effettivo degli interessi: che dal Loan 2 risalgono sino al Fondo attraverso la Sub-holding e il Loan 1.

La risposta dell’AE

L’AE dichiara che la Sub-holding non può qualificarsi come investitore istituzionale estero non avendone i requisiti. Pertanto gli interessi del Loan 2 dalla SRL alla Sub-holding non si qualificano per l’esenzione. L’esame si concentra, quindi, nello stabilire se il Fondo, quale indirect lender, essendo il beneficial owner degli interessi pagati dalla SRL, possa beneficiare della esenzione da tassazione in Italia ex art. 26 c. 5-bis (anche se non è il Fondo a percepire direttamente gli interessi pagati dalla s.r.l).

Al riguardo l’AE risponde fermamente in modo negativo, riprendendo pedissequamente quanto aveva già affermato, ad esempio nelle citate Risp. AE 24 febbraio 2021 n. 125 e Risp. AE 24 ottobre 2019 n. 423 e nella Ris. AE 12 agosto 2019 n. 76/E.

Le argomentazioni utilizzate dall’AE sono principalmente di natura formale, cioè basate sulla interpretazione letterale della norma che si riferisce ai “percettori” degli interessi. Il termine percettore viene quindi interpretato nel senso che i requisiti soggettivi debbono essere soddisfatti proprio dal soggetto che “percepisce” gli interessi (nel caso di specie la Sub-holding e non il Fondo). L’AE sottolinea che solo il disposto dell’art. 26-quater (introdotto in attuazione della Direttiva Interessi e Royalties) richiede che le società non residenti siano beneficiarie effettive degli interessi, mentre l’art. 26 c. 5 non richiama il requisito del BO. Nel caso di specie la Sub-holding che percepisce direttamente gli interessi pagati dalla SRL sul Loan 2 non soddisfa i requisiti soggettivi; quindi niente esenzione.

L’AE afferma che il c. 5-bis “non consente di procedere secondo il principio del “beneficiario effettivo“, così da ricondurre il flusso degli interessi esclusivamente al soggetto estero percettore finale del reddito ma si rivolge esclusivamente alla platea di soggetti indicati dalla stessa norma e aventi le caratteristiche sopra descritte. In quanto né la formulazione letterale, né la ratio della norma in esame si prestano, in modo generalizzato, a una lettura di tipo look through del relativo disposto.”

La risposta in commento prosegue oltre ribadendo che “La possibilità di adottare un approccio cd. look through al fine di verificare se una determinata fattispecie possa o meno essere ammessa a fruire della disciplina di cui all’art. 26 c. 5-bis DPR 600/73, in generale, è preclusa sia dalla formulazione letterale della disposizione, la quale rivolgendosi ai “percettori” del reddito non consente di estendere l’esenzione ai beneficiari effettivi degli interessi che non siano “anche” i percettori diretti degli stessi sia dalla ratio della norma in parola”.

Alcune riflessioni

Poiché l’AE ha ripetuto quattro volte in due anni che solo il direct lending può beneficiare della esenzione, si dovrebbe propendere per la conclusione che sia inutile discutere oltre. Tuttavia, alcune critiche possono essere legittimamente sollevate. L’AE valorizza una interpretazione letterale e molto formale che effettivamente trova riscontro nella norma. Tuttavia, certamente, ha poco fondamento l’affermazione della AE secondo cui l’approccio loock through in capo al beneficiario effettivo degli interessi sarebbe esclusa dalla ratio della norma.

Si ritiene, infatti, che la norma si focalizzi sul ruolo del prenditore italiano al fine di agevolarlo nel ricorso al credito. Se il beneficiario effettivo degli interessi, anche se non è il diretto percettore degli interessi, soddisfa tutti i requisiti della norma, la ratio non appare per nulla violata, anzi è perfettamente rispettata. Infatti, cosi si è espressa la CTP Milano 11 novembre 2019 n. 4708. Inoltre, il fatto di negare il ruolo del beneficiario effettivo di flussi internazionali di reddito appare in contrasto con i lavori dell’OCSE e tante prese di posizioni dell’AE.

È evidente che dietro la rigida interpretazione letterale si nasconde la comprensibile preoccupazione dell’AE che legittimando l’approccio look through si possa aprire il Vaso di Pandora di una indiscriminata disapplicazione delle ritenute alla fonte. Anche perché l’accertamento dei beneficiari effettivi degli interessi relativamente a variegate entità estere sarebbe fonte di enormi incertezze. Vi è poi, forse, una attenzione alla circostanza che una incondizionata applicazione dell’esenzione potrebbe togliere posizioni competitive al sistema creditizio italiano che, nel frattempo, si è risollevato dal baratro in cui era caduto all’epoca della introduzione della norma in esame.

Infine, si deve notare che nel tentativo di difendere la sua labile interpretazione letterale, la Risposta in analisi va oltre ed entra in una evidente contraddizione. Infatti, per negare la legittimità dell’approccio look through in capo al Fondo quale beneficiario effettivo degli interessi, l’AE afferma che non sarebbe neppure possibile inquadrare la fattispecie (Loan 1 e Loan 2) in un’unica operazione, perché le condizioni contrattuali dei due finanziamenti sono diverse (tassi d’interesserispettivamente al 2,5% e al 4,25%). Sorge quindi immediata una domanda: sarebbe cambiata la posizione dell’AE se le condizioni contrattuali fossero sostanzialmente speculari?