Compenso degli amministratori riversato

Compenso degli amministratori riversato

Redatto in data 25 Maggio 2023 da Federico Andreoli
Pubblicato in QuotidianoPIÙ di Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

Il compenso riversato a società non residente non è imponibile in Italia

Con la risposta n. 330 del 22 maggio 2023, l’Agenzia delle Entrate pone termine alle ultime incertezze legate al regime applicabile al compenso reversibile all’amministratore, cioè somme che, in forza di specifici accordi, non sono incassate dall’amministratore stesso.

La chiusura del cerchio

Con la risposta n. 330 del 22 maggio 2023 l’Agenzia delle Entrate chiude il cerchio sul regime applicabile al compenso all’amministratore che è integralmente reversibile ad altro soggetto, chiarendo gli aspetti che non erano ancora stati a  rontati con la risposta n. 167 del 28 maggio 2019.

Da notarsi che con la risposta 330/2023 l’AE modi  ca la propria posizione adeguandosi alle pronunce della Suprema Corte sul tema della deduzione per competenza del compenso (Cass. n. 22479 del 16 ottobre 2020 e Cass. n 2067 del 29 gennaio 2021).

In estrema sintesi i punti trattati da tali interventi possono essere così riassunti per quanto riguarda i tre soggetti coinvolti:

Il compenso reversibile non costituisce reddito per l’amministratore e quindi non è soggetto ad IRPEF (AE Risp. 330/2023 e AERisp.167/2019);

Conseguentemente il compenso reversibile non fa neppure scattare l’obbligo di fare ritenute per la società (Alfa) che riceve  il compenso e che è datore di lavoro dell’amministratore della società (Beta) che paga il compenso ad Alfa (AE Risp.167/2019);

Il compenso riversato ad una società residente è imponibile ai   ni IRES (Risp.167/2019 e Cass. 2067/2021 e Cass.22479/2020);

Per la società residente che paga, il compenso è deducibile secondo l’ordinario principio di competenza ex art. 109 TUIR (non è applicabile l’art. 95 c. 5 TUIR che prevede l’imputazione del costo con il principio di cassa) (Risp.330/2023 e Cass.2067/2021 e Cass. 22479/2020);

Se il compenso è pagato da un soggetto non residente che ha effettuato una ritenuta alla fonte, il compenso è soggetto ad IRES in Italia in capo al percipiente per il suo intero ammontare (al lordo della ritenuta – ad es. è imponibile per 100 e non per 89 al netto della ritenuta spagnola del 19%) (Risp.167/2019);

Nel caso sopra indicato la società residente ha diritto al credito per le imposte estere prelevate sul compenso ex art. 165 TUIR (Risp. 167/2019);

Se il compenso è pagato da una società residente ad una società non residente (coperta da trattato e senza stabile organizzazione in Italia), il compenso non è imponibile in Italia ex art. 23 c.1 lett. e) TUIR e articolo 7 del Modello OCSE (non si applica l’articolo 16 del Modello OCSE e l’art. 23 c.1 lett. c) TUIR) (Risp.330/2023); pertanto, la società residente che paga il compenso reversibile direttamente alla società non residente (coperta da trattato e senza stabile organizzazione in Italia) non è tenuta ad effettuare alcuna ritenuta al momento del pagamento verso l’estero (Risp. 330/2023).

Il caso esaminato dalla risposta 330/2023

Il caso esaminato dall’AE presenta interessanti risvolti di fiscalità internazionale. Alfa è una società residente (in Italia) che deve pagare compensi al proprio amministratore Tizio. Alfa fa parte di un gruppo multinazionale. Tizio ha sottoscritto un accordo per cui deve riversare integralmente il proprio compenso alla società Beta residente all’estero e facente parte del gruppo. L’assemblea di Alfa, che ha deliberato il compenso a Tizio, ha riconosciuto che dovrà versare  il compenso integralmente e direttamente a Beta. Beta non dispone di una stabile organizzazione in Italia e può beneficiare di una convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni.

I quesiti posti dal contribuente sono sostanzialmente due:

Alfa può dedurre il costo del compenso riversato alla consociata non residente Beta nel periodo d’imposta di competenza ex art. 109 TUIR (oppure deve dedurre nell’anno del pagamento del compenso ex art. 95, c. 5 TUIR)? Il compenso è imponibile in Italia in capo a Beta? Conseguentemente Alfa è obbligata ad operare ritenute alla fonte all’atto del pagamento verso l’estero?

Deduzione in base al principio di competenza ex art. 109 TUIR

L’AE a  erma che il costo è deducibile nel periodo di competenza in base al principio generale previsto dell’art. 109 TUIR. Non trova applicazione la norma speciale di cui all’art. 95 c. 5 TUIR che, invece,  prevede la deduzione per cassa (“I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti…”).

A quanto risulta, è la prima volta che l’AE riconosce la deducibilità per competenza. Evidentemente l’AE ha dovuto conformarsi all’interpretazione fornita dalla Cassazione  (Cass. 2067/2021 e Cass. 22479/2020).

Il cambiamento di orientamento dell’AE è evidente se si pensa che il ricorso deciso da Cass. 2067/2021 era stato proposto proprio dall’AE per violazione dell’art. 95.c. 5 TUIR, perché contestava al contribuente di aver erroneamente dedotto il compenso reversibile secondo il principio di competenza 2008 (anziché per cassa nell’anno del pagamento del compenso 2009).

Forse, l’AE ha ritenuto che la sua interpretazione non fosse più sostenibile a seguito delle due sentenze, anche perché, mentre nella prima sentenza il PM presso la Cassazione si era espresso a favore dell’AE; nella più recente sentenza 2067/2021 anche PM aveva proposto di rigettare il ricorso dell’AE.

Il percorso logico-giuridico seguito dalla risposta 330/2023 è lucido e chiarissimo.

L’AE richiama quanto già affermato in diverse occasioni e in particolare nella risposta 167/2019 che:

l’art. 51, c. 2, lett. e) TUIR dispone che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i compensi reversibili di cui alle lettere b) ed f ) dell’art. 50 c.1. TUIR;

i compensi reversibili non costituiscono reddito imponibile per l’amministratore proprio perché sono imputati direttamente al soggetto al quale, per clausola contrattuale, devono essere riversati. Pertanto, il compenso reversibile deve essere tassato come reddito dell’effettivo percettore e non può essere imputato all’amministratore in quanto manca  in capo a quest’ultimo il presupposto impositivo del possesso del reddito previsto dall’art. 1 TUIR (e dall’art. 53 Cost.); conseguentemente, la vicenda “imponibilità – deducibilità” del compenso reversibile deve essere ricondotta alla fattispecie di chi paga un servizio e chi riceve  un servizio; con la conseguente applicazione dell’art. 109 TUIR (e non per la norma speciale prevista dall’art. 95 c. 5 TUIR).

Al tale ultimo riguardo è necessario richiamare quanto affermato da Cass. 22479/2020 (ripresa testualmente da Cass.2067/2020): nei casi in cui il compenso sia integralmente riversato “la società non versa alcun compenso all’amministratore, legato da rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con altra società, ma si limita a versare a quest’ultima un corrispettivo per l’utilità ricevuta, consistente nella fruizione dell’attività di gestione societaria espletata dalla risorsa umana messale a disposizione. La situazione fattuale non è, quindi, riconducibile alla fattispecie (…) della deduzione del costo rappresentato dal compenso all’amministratore, mancando l’erogazione di somme di denaro a tale titolo a colui che ha svolto l’attività gestoria. L’inapplicabilità della disciplina della deduzione del costo per attività di amministrazione societaria e del relativo principio, eccezionale, di cassa, determina, in applicazione delle regole generali sui componenti del reddito di impresa, la rilevanza del costo quale spesa per prestazione di servizi e la sua deducibilità secondo il principio di competenza (…)”. In conclusione, entrambe le sentenze della Cassazione  interpretano la fattispecie come una prestazione di un servizio tra due società e, pertanto, ritengono che vi debba essere simmetria tra la tassazione per competenza in capo alla società che riceve  il compenso e la deduzione del costo per competenza per il soggetto che paga il compenso.

Conclusioni

La conclusione così raggiunta, per cui fiscalmente il rapporto trilaterale (società che paga il compenso – amministratore che rende il servizio – società che riceve  il compenso), deve essere inteso come una semplice prestazione di servizi tra le due società (disconoscendo il dato formale del pagamento a favore dell’amministratore), ha dirette conseguenze sul piano della fiscalità internazionale.

Infatti, su tali basi la risposta 330/2023 a  erma che non può applicarsi l’articolo 16 del Modello OCSE che disciplina la tassazione delle retribuzioni (e gettoni di presenza) degli amministratori; in quanto nel caso del compenso reversibile non vi è alcun compenso pagato all’amministratore. Si noti, invece,  che sia l’art. 23 c.1. lett. c TUIR, che l’articolo 16 del Modello OCSE, prevederebbero la tassazione in Italia dei compensi degli amministratori.

Al contrario, la prestazione in Italia di servizi da parte di una società residente all’estero deve essere inquadrata nell’art. 7 del Modello di Convenzione OCSE e dall’art. 23 c.1 lett. e) TUIR, che escludono la tassazione in Italia del reddito d’impresa per il soggetto non residente senza stabile organizzazione in Italia.

La risposta 330/2023 conclude quindi affermando la non imponibilità del compenso e “l’insussistenza di un obbligo, in capo alla società istante, di effettuare la ritenuta a titolo d’imposta, all’atto del pagamento della somma” (ex art. 24 c.1-ter DPR 600/1973).

 

La conclusione della non imponibilità in Italia del compenso reversibile è certamente coerente con i presupposti esposti dall’AE a monte di tale conclusione, ma, forse, è anche generosa. Probabilmente non sono molti gli Stati disposti ad adottare, a loro svantaggio, una interpretazione “substance over form”. Ad esempio, nella risposta 167/2019 l’AE ha dovuto prendere atto che la Spagna applica la ritenuta del 19% sul compenso dell’amministratore, sia esso reversibile o meno.