Strumenti finanziari ibridi: il regime fiscale dei Venture Loan Agreements
Notizia pubblicata su MEMENTOPIU’ del 22 Luglio 2021 da Federico Andreoli
Strumenti finanziari ibridi: il regime fiscale dei Venture Loan Agreements
L’Agenzia ritorna sul complesso tema del regime fiscale applicabile agli strumenti finanziari aventi caratteristiche tali da poter essere similari alle azioni ai sensi dell’art. 44 c. 2 lett. a) TUIR. In particolare, l’AE si esprime sulla contabilizzazione e la deducibilità ex art. 109 TUIR della remunerazione corrisposta da una microimpresa a un fondo di investimenti sulla base di un Venture Loan Agreement.
L’interessante caso del Venture Loan Agreement
Una microimpresa ha chiesto alla AE chiarimenti sul regime tributario applicabile a un finanziamento (“Finanziamento”), già sottoscritto con un fondo di investimento (il “Fondo”). Dall’interpello non è chiaro se il Fondo sia o meno residente in Italia. La finalità del mutuo èquella di finanziare lo sviluppo del primo stadio di una ricerca scientifica. Si tratta di un contratto di credito chirografario definito dalle due parti come Venture Loan Agreement. La denominazione è motivata dal fatto che l’attività di ricerca scientifica è a elevato rischio di insuccesso e, quindi, il Fondo corre un sostanziale rischio, come è normale nelle operazioni di venture capital. Nell’interpello si legge, infatti, che il contratto prevede tassi di interesse piuttosto alti proprio in relazione alla bassa probabilità che capitale e interessi possano essere rimborsati. Le caratteristiche del Finanziamento sono davvero particolari perché prevedono che il pagamento del capitale e gli interessi avvenga solo alla scadenza e solo se, alla data di scadenza del Finanziamento, vi è capienza finanziaria del bilancio della società. Infatti, il Fondo ha accettato clausole di remissione e subordinazione del debito ed ancora di rivalsa limitata e di rinuncia ad ulteriori pretese e di rinuncia allo status di creditore privilegiato. Tali pattuizioni, di fatto, limitano il diritto a percepire il capitale e gli interessi alla sola ipotesi in cui la società abbia effettivamente beni e proventi alla data di scadenza.
La società istante afferma che il Finanziamento, pur avendo la forma giuridica di una passività finanziaria (loan), ha nella sostanza le caratteristiche proprie di uno strumento rappresentativo di capitale (equity), poiché la remunerazione del Fondo (capitale e interessi) è solo eventuale e legata alla presenza di consistenze economico/finanziarie alla scadenza del debito che permettano di pagare tale debito. La società istante afferma quindi che il Fondo partecipa appieno al rischio dell’impresa come un possessore di equity.
Le richieste del contribuente
Le peculiarità del Finanziamento hanno evidentemente costretto il contribuente a esaminare due (scomode) possibilità: (i) di vedersi negare la deducibilità degli interessi passivi sulla base di una qualificazione del Finanziamento come equity; (ii) di vedersi ammettere, in linea di principio, la deducibilità degli interessi passivi, ma dover gestire le grandi complessità legate nei vari periodi d’imposta: (x) alla contabilizzazione annuale degli interessi; e (y) ai limiti alla deducibilità posti dall’art. 96 TUIR. Dalla lettura dell’interpello si può immaginare che entrambe le alternative fossero gravose per il contribuente considerato che:
– il contribuente è una microimpresa attiva in alcune ricerche scientifiche e che, quindi, presumibilmente, realizzerà ROL fiscali e redditi imponibili ridotti sino a che non si avranno gli esiti positivi delle ricerche (if and when);
– l’elevato tasso di interesse previsto dal Finanziamento (già firmato al momento della presentazione dell’interpello). Il rischio è quindi quello di avere per diversi periodi d’imposta oneri deducibili ma non redditi.
Pertanto, il contribuente richiamando il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, previsto dall’art. 2423-bis n. 1-bis) c.c. e dal principio IAS 32, ha proposto alla AE: da un lato di qualificare il Finanziamento come strumento finanziario partecipativo da contabilizzarsi tra gli elementi di patrimonio netto come previsto dall’art. 44 c. 2 lett. a) TUIR; e dall’altro lato, di non contabilizzare annualmente gli interessi passivi (in quanto eventualmente ed effettivamente dovuti
solo alla data di scadenza del Finanziamento se vi sarà capienza finanziaria del bilancio). Il contribuente dunque ha proposto di contabilizzare gli interessi passivi solo al momento del loro effettivo pagamento con imputazione diretta a riduzione del patrimonio e deduzione in base all’art. 109 c. 4 secondo periodo TUIR.
Se ben si comprende la s intesi delle argomentazioni contenuta nell’interpello in commento, il contribuente avrebbe voluto valorizzare la natura ibrida del Finanziamento (cioè in precario equilibrio tra equity e debt) non in senso quantitativo (parte delle remunerazioni deducibile e l’altra parte indeducibile); bensì in termini qualitativi, cioè come strumento di equity per i primi periodi d’imposta e poi come strumento di debito a partire dal periodo d’imposta in cui avviene l’effettivo pagamento degli interessi. È evidente che un avvallo a questa tesi da parte dell’AE sarebbe stata estremamente interessante, non solo per la società istante, ma anche per molti operatori finanziari e avrebbe aperto la porta a nuovi scenari nella utilizzazione e diffusione degli strumenti ibridi. Tuttavia, la AE, coerentemente con quanto espresso in precedenza su questi temi, ha rigettato senza incertezze la soluzione interpretativa proposta dal contribuente.
Il richiamo all’art. 44 c. 2 lett. a) e art. 109 c. 9 lett. a) TUIR
Al fine di rispondere al quesito posto, per prima cosa l’AE ha richiamato l’art. 44 c. 2 lett. a) TUIR che disciplina la classificazione degli strumenti finanziari e che prevede che ai fini delle imposte sui redditi si considerano similari alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti residenti in Italia “la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi”. In secondo luogo l’AE ha ricordato che tale disposizione deve essere interpretata in parallelo con l’art. 109 c. 9 lett. a) TUIR, che prevede che è indeducibile qualsiasi tipo di remunerazione dovuta “su titoli, strumenti finanziari comunque denominati, di cui all’art. 44, per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi”. Come è noto, il combinato disposto delle due norme è volto a estendere il trattamento tributario previsto per gli utili (dividendi) alle remunerazioni pagate su titoli e strumenti finanziari, comunque denominati, che comportino direttamente o indirettamente la partecipazione ai risultati economici della società. Al riguardo la Risp. AE 15 luglio 2021 n. 477 richiama quanto espresso già in tempi risalenti con la Circ. AE 16 giugno 2004 n. 26/E (par. 2.3) e, ancor prima, nella relazione di accompagnamento al D.Lgs. 344/2003: “l’indeducibilità non è estesa ai proventi per i quali la connessione con i risultati economici dell’impresa riguardi unicamente l’an, ma non il quantum, della corresponsione dei proventi e/o del rimborso ai sottoscrittori (come nel caso dei titoli con tasso di rendimento prestabilito, per i quali il pagamento degli interessi in una certa misura sia subordinato all’esistenza di utili ovvero alla effettiva distribuzione di dividendi da parte dell’emittente o di altra società del gruppo)”. In questi casi, infatti, non si realizza neppure una partecipazione “indiretta” ai risultati economici della società. Sull’interpretazione del combinato disposto tra i richiamati artt. 44 e 109 TUIR, si era recentemente espressa la AE con l’approfondita Ris. AE 26 febbraio 2019 n. 30/E in ambito di soggetti IAS/IFRS adopter. In tale occasione l’AE aveva affermato che un titolo la cui remunerazione costituita totalmente dalla partecipazione agli utili, deve essere classificato come titolo similare alle azioni, a prescindere dalla sua natura giuridica. Così ad esempio, un titolo obbligazionario, contabilizzato come passività, in quanto titolo di debito contenente l’obbligo di restituzione a scadenza, ma il cui rendimento sia interamente costituito dalla partecipazione agli utili della società emittente, deve essere fiscalmente qualificato come similare alle azioni; con la conseguenza che il rendimento è un dividendo indeducibile per l’emittente e parzialmente escluso per il prenditore.
Al contrario, un titolo non rimborsabile in caso di perdita della società emittente (obbligazione irredimibile) che attribuisce al prenditore una remunerazione basata su un tasso di interesse prestabilito, è contabilizzato, per la parte che non genera alcun obbligo di pagamento, come equity , ma rappresenta, ai fini fiscali, un titolo similare alle obbligazioni (la cui remunerazione assume rilevanza fiscale come onere deducibile in capo all’emittente).
La risposta dell’AE
Dopo aver richiamato tali principi generali, l’AE analizza in dettaglio le clausole contrattuali previste dal Finanziamento per concludere che lo stesso non può essere qualificato come uno strumento similare alle azioni di cui all’art. 44 c. 2 lett. a) TUIR. Ciò perché la remunerazione dovuta al Fondo non è (necessariamente) collegata nell’an e nel quantum ai risultati economici della società istante. Infatti, ai sensi del contratto, il pagamento di capitale e interessi al Fondo è vincolata alla presenza di “beni e i proventi nella disponibilità del Mutuatario diversi dalla liquidità di investimento” cioè elementi che, secondo l’interpretazione della AE sono (o potrebbero essere) diversi dagli utili. In altri termini, l’AE si focalizza sul fatto che il diritto del Fondo a ricevere la sua remunerazione è legata alle disponibilità della società debitrice alla data della scadenza e non al fatto che la società abbia realizzato utili che gli permettono di pagare il Finanziamento.
Da tale affermazione l’AE fa discendere una serie di conseguenze che (coerentemente) rigettano in toto la soluzione interpretativa proposta dal contribuente: (1) visto che il Finanziamento non può essere considerato similare alle azioni, allora le relative remunerazioni sono deducibili; (2) la deduzione deve avvenire nel rispetto dei principi di competenza (i.e. non nell’anno in cui eventualmente la società pagherà il Fondo come aveva proposto la società) e previa imputazione ai sensi dell’art. 109 TUIR; (3) la deduzione è soggetta ai vincoli disposti dall’art. 96 TUIR (ROL fiscale, ecc.); e, per di più, (4) qualora la società avesse imputato a conto economico l’intero onere finanziario maturato, ma alla scadenza del Finanziamento, il Fondo non avesse diritto a ricevere l’integrale pagamento (per l’incapienza dei menzionati “beni e i proventi”),la società dovrà rilevare una sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88 c. 1 TUIR, che prevede l’imponibilità dei “proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi …, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi”.
Alcune riflessioni
L’AE concentra la propria indagine sul collegamento esistente tra le specifiche pattuizioni previste dallo strumento ibrido (nel caso di specie il Venture Loan Agreement) e il diritto alla partecipazione ai risultati economici e, con ciò, mantiene fermo quanto espresso in passato in diverse occasioni a fare data dalla riforma introdotta dal D.Lgs. 344/2003. In altri termini, per vagliare la deducibilità di una data remunerazione ai sensi del combinato disposto dell’art. 44 c. 2 lett. a) e art. 109 c. 9 TUIR, l’aspetto centrale non è tanto la natura giuridica dello strumento, quanto se detta remunerazione sia costituita dalla partecipazione agli utili.
Come espresso nella Ris. AE 26 febbraio 2019 n. 30/E, tale impostazione è stata mantenuta ferma anche per i soggetti IAS/IFRS adopter, nonostante l’art. 83 TUIR abbia, con il principio di derivazione rafforzata, dato riconoscimento fiscale alle diverse qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni del bilancio IAS compliant. Infatti, con riferimento agli strumenti finanziari, l’art. 5 DM 8 giugno 2011 ha disattivato la derivazione rafforzata dal bilancio e ha superato le qualificazioni e le classificazioni del bilancio IAS compliant, imponendo, invece, la distinzione formale tra titoli similari alle azioni e titoli similari alle obbligazioni contenuta nell’art. 44 TUIR. Tanto è vero che, nella Ris. AE 26 febbraio 2019 n. 30/E, viene dato atto che in ambito IAS/IFRS, le diverse modalità di individuazione e di classificazione in bilancio delle passività finanziarie e degli strumenti di equity rispetto ai criteri fiscali comportano la formazione di doppi binari tra valori civili e valori fiscali. La risposta in esame non affronta il tema di come, se e quando un contratto di finanziamento possa essere riqualificato in un contratto di associazione in partecipazione (vedasi art. 44 c. 1 lett. f) e art. 109 c. 9 lett. b) TUIR). Infine, si deve ritornare all’interpello per commentare il suo ultimo capoverso. Dopo aver affermato che la remunerazione del Fondo è deducibile perché non legata ai risultati della società istante, l’AE avverte il contribuente che, qualora, nei fatti, la remunerazione pagata al Fondo dovesse consistere esclusivamente nei profitti annuali (i.e. utili) il Finanziamento, diversamente dalla risposta fornita, sarà ricondotto alle azioni di cui all’art. 44 c. 2 lett. a) TUIR con conseguente indeducibilità integrale delle relative remunerazioni. Certamente si tratta di una (doverosa e generica) statuizione di chiusura dell’interpello in termini antielusivi. Cioè volta a ricordare al contribuente che vi deve essere sempre coincidenza tra rappresentazione degli accordi contrattuali contenuti nell’interpello e la concreta situazione di fatto. Tuttavia, si può porre in dubbio che la correlazione agli utili sarebbe da sola sufficiente a comportare la indeducibilità della remunerazione pagata al Fondo (come affermato dall’AE). Infatti, attenta dottrina ha sottolineato che: (i) sia l’art. 109 c. 9 lett. a), che l’art. 44 c. 2 lett. a) TUIR, fanno letterale riferimento a strumenti finanziari “emessi” (da una “società emittente”); e (ii) che il riferimento al concetto di emissione dovrebbe associarsi alla cartolarizzazione dello strumento cioè a titoli o certificati e non, invece, a contratti come ad esempio il Venture Loan Agreement. Pertanto, se fosse davvero necessario il requisito dell’emissione, potrebbe essere sempre sostenuta la deducibilità dei compensi pagati a fronte di un contratto di finanziamento.