La Cassazione detta le regole per la ritenuta ridotta sui dividendi UE
Redatto in data 17 Settembre 2022 da Federico Andreoli
La Cassazione detta le regole per la ritenuta ridotta sui dividendi UE
Con due recenti pronunce la Cassazione (n. 26681 e n. 26684) rigetta le pretese della AE e fa chiarezza sulle condizioni per applicare la ritenuta ridotta al 1,65% (ora 1,2%) sui dividendi corrisposti a società UE che non si qualificano per l’esenzione prevista dalla Direttiva madre-figlia. Le due sentenze “gemelle” della Corte di Cassazione, Cass. 9 settembre 2022 n. 26681 e Cass. 9 settembre 2022 n. 26684 hanno affermato il diritto di due società residenti nei Paesi Bassi di beneficiare del favorevole regime della ritenuta alla fonte ridotta al1,65% per i dividendi distribuiti da una società italiana nel periodo ante 2008.
Pur riguardando il caso di dividendi pagati anteriormente all’introduzione dell’art. 27 c.3-ter DPR 600/73 , le due sentenze affermano principi di diritto molto importanti anche per l’odierna applicazione della ritenuta ridotta al 1,2%.
Fatti di causa
Le sentenze riguardano fattispecie analoghe: due banche (società con la forma legale di NV) residenti nei Paesi Bassi avevano presentato istanza al Centro Operativo di Pescara (COP) per ottenere il rimborso della ritenuta alla fonte subita sui dividendi distribuiti da Capitalia S.p.A. negli anni d’imposta 2005, 2006 e 2007.
Tali dividendi erano stati assoggettati in Italia alla ritenuta d’imposta del 27% come previsto dagli
artt. 27c. 3 e art. 27-ter c. 1 DPR600/73 (relativo alle azioni dematerializzate). Come è noto, ad oggi la ritenuta è fissata al 26%.
La ritenuta era però stata ridotta dal 27% al 15% ai sensi dell’ art. 10 par. 2 lett. b) convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Paesi Bassi.
Le società avevano chiesto il rimborso della differenza tra il 15% e 1,65% affermando che l’applicazione del 15% portava ad una
discriminazione di trattamento rispetto a quello che avrebbe subito una società italiana nelle medesime condizioni. Infatti, per effetto della dividend exemption una società residente in Italia avrebbe subito, negli anni in esame, un gravame finale del 1,65%(pari all’ IRES del 33% applicata sul 5% del dividendo lordo).
Come è noto, ad oggi, con l’IRES al 24%, il gravame è al 1,2%.
Le società quindi, tra altri aspetti, affermavano che la diversità di trattamento è in contrasto con il principio della libera circolazione dei capitali, ex art. 63 TFUE.
Si deve sottolineare che la fattispecie riguarda solo dividendi pagati su partecipazioni che non possono beneficiare del regime della Direttiva madre figlia (Dir. 90/435/CEE rifusa nella Dir. 2011/96/UE del Consiglio del 30 novembre 2011, modificata dalle Dir.2014/86/UE e Dir. 2015/121/UE) non avendone i requisiti (ad es. holding periodo ovvero percentuale di partecipazione).
Ritenuta ridotta ex art. 27 c. 3-ter DPR 600/73
Che la ritenuta alla fonte in misura ordinaria del 27% verso società UE costituisse una violazione delle norme comunitarie (libera circolazione dei capitali ex art. 63 TFUE) era un fatto pacifico (così il punto 4.3 della Cass. 28 gennaio 2022n. 2668). Tanto è vero che con la legge Finanziaria per il 2008 il legislatore aveva introdotto il c. 3-ter all’art. 27 DPR 600/73 che prevede, appunto, che gli utili corrisposti a società ed enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società UE e SEE, sono soggetti ad una ritenuta alla fonte a titolo di imposta con l’aliquota ridotta (ad oggi) al 1,20%.
Con tale norma l’Italia aveva quindi equiparato:
la ritenuta verso soggetti comunitari;
il gravame sui dividendi subito da società residenti che sono soggette all’IRES del 24% sul 5% del dividendo (il gravame finale IRES sui dividendi è quindi del 1,2%).
L’incertezza riguardava, invece, la decorrenza del regime, cioè se valesse solo dal 2008 in avanti, ovvero anche dalla riforma del 2004, che ha introdotto la dividend exemption, sino al 2007. Al riguardo: la norma prevedeva una efficacia soltanto a far data dal1° gennaio 2008 e quindi solo da tale data era stato attuato un reale allineamento tra il regime interno e il regime di tassazione dei dividendi corrisposti alle società UE e SEE. Restavano quindi esclusi i dividendi relativi agli anni successivi alla riforma tributaria del 2004, come appunto gli anni interessanti dalle due sentenze in esame: 2005, 2006 e 2007.
L’introduzione del citato comma 3-ter era stata interpretato in una prima occasione dalla AE con la Circ. AE 21 maggio 2009 n.26/E. Tuttavia, successivamente, la sentenza della C.Giust. UE 19 novembre 2009 C-540/07 pronunciata contro l’Italia, aveva affermato l’esistenza di un trattamento discriminatorio della ritenuta sui dividendi a partire dalla riforma del 2004. L’AE era quindi stata costretta ad emanare la Circ. AE 8 luglio 2011 n. 32/E con la quale affermava il diritto al rimborso del differenziale rispetto alla ritenuta ridotta anche per gli anni anteriori al 2008 (sollecitando gli uffici ad abbandonare i numerosi contenziosi sorti in merito alle istanze di rimborso).
Le sentenze Cass. 9 settembre 2022 n. 26681 e Cass. 9 settembre 2022 n. 26684 in esame, che riguardano dividendi 2005, 2006 e2007, confermano (senza sorprese) il diritto delle banche olandesi di subire solamente la ritenuta in misura ridotta anche per i periodi anteriori al 2008.
Tuttavia, i punti di interesse delle sentenze sono principalmente altri (cioè non solo quello della decorrenza “anticipata” rispetto al 2008 della ritenuta ridotta). Infatti, le sentenze esaminano alcuni dei requisiti oggettivi e soggettivi necessari per l’applicazione della ritenuta ridotta ex art. 27 c.3-ter DPR 600/73 e il pronunciamento della Cassazione è di assoluta attualità.
Rapporto tra ritenuta ridotta e convenzioni contro le doppie imposizioni
Dalla lettura delle sentenze emerge che nella sentenza della CTR, in sintesi, era stato affermato che l’applicazione della ritenuta del 15% prevista dalla convenzione tra Italia Paesi Bassi avrebbe eliminato la disparità di trattamento e quindi avrebbe sanato la violazione del principio di libera circolazione dei capitali ex art. 63 TFUE.
Su questo aspetto le due sentenze della Cassazione sono estremamente critiche (paragrafi da 4.4, 4.5 e 4.6 e il primo principio di diritto statuito dalle sentenze).
Si legge nella Cass. 9 settembre 2022 n. 26681 “Dal decisum della Corte di Giustizia(ndr la già citata C.Giust. UE 19 novembre 2009 C-540/07) si rileva che la previsione interna, vigente ratione temporis, fosse di per sé discriminatoria e impedisse la libera circolazione dei capitali e che i meccanismi convenzionali operano su un piano diverso, relativo alla distribuzione del potere impositivo tra gli Stati, il quale va comunque esercitato nel rispetto dei principi comunitari.
In altri termini, l’eliminazione della disparità di trattamento tra società percipienti in ambito UE o SEE rispetto alle percipienti italiane si pone su di un piano diverso rispetto a quello della eliminazione della doppia imposizione, tanto che la stipulazione, da parte dello Stato membro, di una convenzione finalizzata ad elidere, o quantomeno limitare, quest’ultimo fenomeno potrebbe lasciare integra la disparità di trattamento, allorquando la società percipiente in altro Stato membro non abbia modo di compensare in tale Stato l’imposta pagata in Italia a mezzo di ritenuta”.
La sentenza prosegue ricordando che la Corte di Cassazione anche molto recentemente ( Cass. 16 febbraio 2022 n. 5152) ha affermato che il diritto dei Trattati (cioè il TFUE) prevale sulle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulati tra gli Stati; richiamando la giurisprudenza comunitaria C.Giust. UE 14 dicembre 2006 C-170/05 (Denkavit) e C.Giust. UE 8 novembre 2007 C-379/05 (Amurta).
In conclusione, nel primo principio di diritto la Cassazione afferma che l’incompatibilità tra l’art. 63 TFUE e l’art. 27 DPR 600/73
sussiste anche nel caso in cui la misura della ritenuta domestica sia stata mitigata “dal regime convenzionale (nella specie, quello previsto dalla Convenzione Italia Paesi Bassi, art. 10, contro la doppia imposizione, ratificata con l. 26/07/1993, n. 305), in quanto tale rimedio non è sufficiente a sanare la discriminazione”.
Sono questi principi condivisibili e molto importanti perché esplicano i loro effetti con riferimento a moltissime circostanze.
Requisito del “assoggettamento ad imposte”
L’art. 27 c.3-ter DPR 600/73 prevede che la ritenuta ridotta si applichi per i dividendi pagati “alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati”UE e SEE.
Il c.d. requisito del “subject to tax”.
Dalla lettura delle sentenze della Cassazione emerge che la CTR Abruzzo avesse negato l’applicazione della ritenuta ridotta, in sintesi, per assenza della prova che i dividendi avessero subito una tassazione effettiva nei Paesi Bassi. Cioè i giudici avevano guardato alla tassazione effettiva sull’elemento di reddito (dividendi) e non allo status fiscale della società non residente.
La svista della CTR è evidente e le sentenze della Cassazione, nel secondo principio di diritto, lo sottolineato severamente affermando che “per beneficiare della ritenuta ridotta, gli enti e società esteri devono essere soggetti passivi ai fini della locale imposta sul reddito delle società, ma tale condizione va interpretata come “assoggettabilità” di carattere generale ad imposizione, soddisfatta da tutte quelle società “potenzialmente” soggette all’Ires, indipendentemente dalla circostanza che godano, di fatto, di agevolazioni comunque compatibili con la normativa comunitaria”.
D’altra parte, la stessa AE aveva affermato i medesimi principi nella richiamata Circ. AE 8 luglio 2011 n. 32/E
del. Con la conseguenza che il contribuente non residente non ha l’onere di provare di aver concretamente “sborsato imposte
” sui dividendi nello Stato di residenza, essendo sufficiente la mera soggezione ad imposta in tal senso il par. 4.8 della sentenza Cass. 9 settembre 2022 n. 26681 che richiama altre recenti pronunce della cassazione (Cass. 16 febbraio 2022 n. 5152; Cass. 5 luglio 2022n. 21302; Cass. 4 luglio 2022 n. 21159).
Fonte:
Cass. 9 settembre 2022 n. 26681
Cass. 9 settembre 2022 n. 26684