Il fisco getta ombre sul regime transitorio dei dividendi
Redatto in data 13 Settembre 2022 da Federico Andreoli
Il Fisco getta ombre sul regime transitorio applicabile ai dividendi
Per l’applicazione del favorevole regime transitorio è necessario che la distribuzione dei dividendi venga deliberata entro il 31 dicembre 2022 (indipendentemente dalla data del pagamento ai soci)? Oppure è necessario che venga realizzato anche l’effettivo pagamento dei dividendi?
Le affermazioni dell’AE lasciano molto perplessi. L’incertezza nasce dal fatto che a più riprese (a partire dalla fine di luglio), la stampa specializzata ha riportato l’esistenza di una (oforse più) risposte di interpello dell’Agenzia delle Entrate (Direzione Centrale Persone Fisiche) con esito molto restrittivo. Ciò chelascia perplessi non è solo la (criticabile e criticata dalla dottrina) motivazione della risposta, ma anche il fatto che a distanza di quasi due mesi, l’Agenzia delle Entrate non abbia pubblicato la risposta sul sito istituzionale, nonostante il clamore mediatico suscitato.
Una sorta di lanciare il sasso e nascondere la mano. Ma l’incertezza creata dall’Agenzia delle Entrate, sommata al ristretto lasso temporale che separa i contribuenti dal 31 dicembre 2022, gioca evidentemente a favore dell’Erario.
In seguito la descrizione del regime transitorio e l’esame della posizione dell’AE non pubblicata.
Condizioni per l’applicabilità del regime transitorio La Legge di Bilancio 2018 ( art. 1 c. da 999 a 1006 L. 205/2017 ) ha previsto che i dividendi da partecipazioni qualificate detenute non in regime d’impresa dalle persone fisiche siano soggetti alla ritenuta a titolo di imposta oppure all’ imposta sostitutiva nella misura del 26% (così come i dividendi pagati su partecipazioni non qualificate ).
Come è noto l’ art. 67 c. 1 lett. c) TUIR definisce come “qualificata” la partecipazione che rappresenta complessivamente, “una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20% ovvero una partecipazione al capitale o dal patrimonio superiore al 5 o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni”.
Il c. 1005 della Legge di Bilancio 2018 prevedeva che il nuovo e più gravoso 26% si applicasse dal 1° gennaio 2018. La norma così dispone: “ Le disposizioni di cui ai commi da 999 a 1006 si applicano ai redditi di capitale percepiti a partire dal 1º gennaio 2018…
” Tuttavia, il successivo c. 1006, ha introdotto un regime transitorio all’evidente fine di evitare che l’aggravamento del trattamento tributario penalizzasse i soci qualificati che hanno lasciato le riserve di utili in società patrimonializzando le stesse invece di distribuire gli utili anno per anno (drenando la relativa cassa). Il c. 1005 prevede che “alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. 26 maggio 2017”.
Esaminando il combinato disposto dei due commi: da un lato, il 1005 che fa riferimento alla percezione, cioè al pagamento dei dividendi; e, dall’altro lato, il 1006 che fa riferimento alla data della delibera, era opinione diffusa che il regime transitorio si applicasse agli utili maturati fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e che siano stati deliberati sino al 31 dicembre 2022,senza alcuna altra limitazione.
Poiché la norma non faceva riferimento ad altre condizioni si riteneva che la data dell’effettivo pagamento dei dividendi non fosse considerata determinante per l’applicazione del regime transitorio.
Parte della dottrina aveva fatto notare che in alcuni casi patologici , la delibera di distribuzione non seguita dal pagamento poteva essere considerata come una pratica abusiva , ed infatti era stata contrastata, in passato, dall’Agenzia delle Entrate presumendo l’esistenza di interessi sulle somme non pagate ai soci come se fossero finanziamenti. Tuttavia, ciò indipendentemente dalla applicabilità o meno del regime transitorio.
Elementi del “regime transitorio”
Il regime transitorio non prevede una semplice riviviscenza della disciplina applicabile ante Legge di Bilancio 2018, bensì dispone che si applicano i regimi di tassazione degli utili da partecipazione qualificate che si sono succeduti nel corso degli anni.
È noto che, ante 2018, l’ art. 47 c. 1 TUIR stabiliva che per il socio persona fisica gli utili derivanti da partecipazioni qualificate concorrevano alla formazione del reddito complessivo da assoggettare ad IRPEF in misura parziale ( partial exemption). In particolare, i dividendi dovevano essere dichiarati nel quadro RL. La misura del dividendo imponibile è variata tre volte negli anni in forza di appositi Decreti del MEF, ciò in relazione all’aliquota IRES vigente nel periodo di maturazione dell’utile. Il regime transitorio dettato dal c. 1006 prevede che le distribuzioni deliberate ante 31 dicembre 2022 sono imponibili nelle seguenti misure:
40% per gli utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 (quando l’aliquota IRES era al 33%);
49,72% per gli utili formatisi a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e fino all’esercizio incorso al 31 dicembre 2016 (quando l’aliquota IRES era al 27,5%) (DM MEF 2 aprile 2008);
58,14% per gli utili formatisi a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 e fino all’esercizio incorso al 31 dicembre 2017 (quando l’aliquota IRES era al 24%) ( DM MEF 26 maggio 2017 ).
Vantaggio tributario concreto
A prima vista il vantaggio derivante dal regime transitorio sembra certo ed economicamente rilevante. In realtà per individuare il concreto vantaggio tributario è necessario:
individuare quale sarebbe il gravame tributario applicabile con il regime transitorio;
compararlo con l’ordinario regime del 26%.
Tale comparazione non è di facile evidenza perché debbono essere presi in considerazione molti elementi, alcuni dei quali dipendono dalla posizione individuale del socio:
qual è la percentuale imponibile dei dividendi in relazione all’anno di formazione dell’utile;
visto che gli utili vanno a confluire nel reddito complessivo IRPEF, il gravame effettivo dipende da quali sono le aliquote progressive IRPEF applicabili al singolo socio;
la circostanza che gli utili vanno a confluire nel reddito complessivo IRPEF comporta l’applicazione delle addizionali regionali e comunali con aliquote che, in molti casi, variano a seconda del reddito del singolo socio;
detrazioni e crediti d’imposta a disposizione del socio possono incidere sul calcolo di convenienza. Si pensi al caso dei contribuenti che hanno crediti d’imposta per le “ristrutturazioni” edilizie, ma non hanno “base” per utilizzarle. Come è noto la ritenuta del 26% non può essere ridotta.
per i dividendi di fonte estera la comparazione è ancora più complessa, ma in genere rende favorevole l’applicazione del regime transitorio per l’applicabilità del credito per le imposte estere.
In termini generali: le riserve ante 2007 presentano vantaggi molto consistenti;
le riserve formate sino 2016 presentano dei vantaggi limitati;
la convenienza del regime transitorio per gli utili del 2017 dipende dall’aliquota IRPEF concretamente applicabile e potrebbe non sussistere affatto, come indicato nell’ultima casella della tabella.
Condizione: delibera o pagamento?
In precedenza, il regime transitorio è stato esaminato dall’Agenzia delle Entrate tra l’altro nelle Ris. AE 6 giugno 2019 56/E , Ris.AE 26 giugno 2019 61/E e Risp. AE 30 marzo 2022 163, l’Agenzia delle Entrate aveva richiamato come condizione solo la delibera di distribuzione, in linea con il dettato normativo. In tal modo, seppur indirettamente, l’Agenzia delle Entrate aveva in un certo senso confermato la sola rilevanza della data della delibera.
Infatti, come già ricordato, il c. 1006 fa riferimento alla data della “delibera” ante 31 dicembre 2022 e non alla data del pagamento / incasso dei dividendi da parte del socio. Non vi è alcun riferimento al principio di cassa (che regola la tassazione dei dividendi per le persone fisiche). Anzi, il fatto che il c. 1005 utilizzi un termine, e che il comma successivo utilizzi un termine diverso non può legittimare una acritica sovrapposizione delle due disposizioni normative.
Si consideri poi che da sempre il Legislatore ha voluto incentivare la capitalizzazione delle imprese da parte dei soci (di fatto scoraggiando la distribuzione dei dividendi). L’introduzione del regime transitorio può essere letta come la volontà del legislatore di non penalizzare quei soci che nel corso di molti anni hanno lasciato le riserve in società, rispetto ai soci che hanno prelevato anno per anno.
In base a questa lettura, non sarebbe giustificata una interpretazione restrittiva della norma che forzi il dato normativo sino a richiedere il pagamento dei dividendi entro il 31 dicembre 2022.
Risposta non pubblicata dall’AE all’istanza di interpello
Il caso sottoposto all’esame della Agenzia delle Entrate non sembrerebbe avere caratteri di elusività. Si prospettava il caso di una società detenuta da 3 soci, tutti con partecipazioni qualificate, con consistenti riserve di utili realizzati ante 2007, per i quali si intendeva deliberare la distribuzione entro il 31 dicembre 2022 e procedere al pagamento in più tranche nell’ambito dei 5 anni della prescrizione ex art. 2949 c.c. , “essendo necessario in capo alla società adoperarsi per disporre della relativa provvista finanziaria ”.
I contribuenti quindi chiedevano certezza sulla applicabilità del regime transitorio (anche in ragione dell’affermato valore consistente delle riserve).
Si tratta, quindi, di un caso che potrebbe ricorrere moltissime volte nella pratica di questi mesi che ci separano dalla fine del2022. Ciò non solo per delibere dell’ultimo minuto, ma anche in relazione a delibere di distribuzioni in anni pregressi per cui non è stato completato l’iter dei pagamenti.
Con scarna motivazione l’Agenzia delle Entrate ha affermato che i dividendi pagati post 31 dicembre 2022 devono essere soggetti al 26% con ritenuta ex art. 27 c.1 DPR 600/73 . L’AE motiva la posizione correlando il regime transitorio al principio di cassa; per cui il regime transitorio cesserebbe di avere effetto al 31 dicembre 2022, perché il legislatore (a detta dell’AE) avrebbe voluto salvaguardare la posizione dei contribuenti con utili pregressi per un periodo limitato di tempo cioè dal 1° gennaio 2018 al31 dicembre 2022. L’Agenzia delle Entrate sotto intende con ciò che il periodo di 5 anni previsti dal c. 1006 non può essere esteso a dismisura sino alla data della prescrizione civilistica dei dividendi per effetto di una “semplice” delibera assembleare.
La posizione della AE (a tutela delle pretese erariali) può essere anche comprensibile, tuttavia:
a rigore il testo della norma non sembra legittimare una assimilazione tra data di delibera e la data di pagamento;
nel testo della norma non sembrano esservi richiami al principio di cassa;
a seconda di come si interpreti la volontà del Legislatore, una interpretazione restrittiva della norma può apparire anche assai poco legittima. Si pensi, infatti, ai numerosi provvedimenti volti a favorire la capitalizzazione delle imprese e limitare il ricorso all’indebitamento e alla deduzione degli interessi passivi.
L’alternativa al regime transitorio, non è solo l’applicazione del 26%, ma è l’ indebitamento della società per pagare legittimamente tutte le riserve pregresse entro il 31 dicembre 2022, deducendo negli anni gli interessi passivi nei limiti consentiti.
In un momento di tempeste inflazionistiche, energetiche e geopolitiche, l’atteggiamento dell’AE è forse stato un po’ miope (oltre che forse non corretto dal punto di vista tecnico).
In ogni caso ai contribuenti restano pochi mesi per decidere in questa situazione di incertezza.